una cosa è certa: i magistrati travisano manifestamente i fatti e la legge quando si parla della loro responsabilità
Pubblicato il 26/02/2015 da avv. Alessandro Tonon
La categoria interessata dalla recente approvazione della riforma della disciplina del risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e della responsabilità civile dei magistrati sta mettendo in essere una sistematica ed imponente opera di disinformazione per far credere all’opinione pubblica che i magistrati potranno essere chiamati direttamente a rispondere di tasca propria per gli eventuali errori compiuti nell’esercizio delle loro funzioni.
Si cerca, inoltre, di propagandare l’incostituzionalità della nuova disciplina nella parte in cui indica quale fonte di responsabilità il travisamento del fatto e della prova.
Va chiarito immediatamente che l’ampliamento della sfera della responsabilità civile ha riguardato solo lo Stato, mentre quella del magistrato è rimasta immutata: l’azione diretta continua ad essere consentita solo nei confronti dello Stato e perché possa essere esperita l’azione di rivalsa, non solo il magistrato deve avere violato manifestamente la legge o travisato altrettanto macroscopicamente i fatti o le prove, ma deve averlo fatto per un tale profilo di negligenza da essere considerata “inescusabile” (o con dolo, cioè volontariamente e con la consapevolezza di violare la legge) e ciò esattamente negli stessi termini in cui era previsto dalla legge Vassalli.
Nella eventualità in cui ciò dovesse accadere, il limite della rivalsa – a prescindere dall’ammontare del danno cagionato (anche si trattasse di svariati milioni di euro) e dal numero dei danneggiati (anche fossero centinaia di persone) – sarà pari complessivamente alla metà dello stipendio netto del giudice autore del provvedimento (considerando lo stipendio medio di un magistrato, il limite della rivalsa si aggirerebbe intorno alla somma di 25.000 euro), e tale importo potrà essere agevolmente coperto da una polizza assicurativa di circa 200 euro all’anno.
E’ poi assolutamente conforme ai principi costituzionali la norma che fa sorgere la responsabilità civile dello Stato ove il giudice emetta un provvedimento a seguito del travisamento del fatto o della prova – poiché come osservato dall’Unione delle Camere Penali Italiane in sede di audizione davanti alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati (osservazioni condivise dalla Commissione e riprese espressamente in sede di relazione davanti all’Assemblea parlamentare) – l’unico “travisamento” rilevante, in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata, è quello “macroscopico, evidente che non richiede alcun approfondimento di carattere interpretativo o valutativo”.
Se il “travisamento” si traduce esclusivamente in un “evidente stravolgimento del dato fattuale” è agevole dimostrare che ci si trova davanti ad ipotesi patologiche che nulla hanno a che fare con la normale interpretazione o valutazione della prova che, diversamente da quanto denunciato dalla magistratura in questi giorni, resta anche per la nuova legge del tutto insindacabile.
La pretesa di porre un tale “travisamento macroscopico” al di fuori di ogni profilo di responsabilità è la pretesa di mantenere i magistrati “legibus soluti”, secondo canoni e principi ottocenteschi tipici di stati autoritari, il tutto in danno del cittadino vittima.
Non si può poi dimenticare che è la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ad aver condannato l’Italia proprio perché la legge Vassalli non prevedeva la risarcibilità dei danni procurati da un provvedimento giudiziario reso sulla base del travisamento del fatto o della prova. Era la precedente disciplina, dunque, ad essere incostituzionale, per effetto del recepimento dei principi del diritto europeo attraverso gli artt. 11 e 117 della Costituzione e non certo quella attuale.
Né può dimenticarsi che la stessa legge Vassalli è stata oggetto di condanna proprio perché il risarcimento per responsabilità civile dei magistrati risultava essere “eccessivamente difficile se non impossibile”, e pertanto la nuova legge risponde ad una evidente esigenza di tutela dei cittadini danneggiati da macroscopiche violazioni, i quali hanno visto in passato i responsabili di gravi condotte, non solo sottratti a qualsivoglia azione di responsabilità, ma anche beneficiati da avanzamenti in carriera.
Quando, infine, sentiamo affermare dal Presidente di ANM che con questa legge si è inteso “riequilibrare” i rapporti fra magistratura e politica, immaginiamo che il dott. Sabelli sia incorso in un lapsus freudiano capace di svelarci come, anche per lui, tali rapporti siano effettivamente nel nostro paese del tutto squilibrati in favore della magistratura!
La Giunta
Roma, 26 febbraio 2015