l'atto mancato e l'atto dovuto

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Anche in questa occasione, la denuncia delle prassi processuali degenerative e della violazione dell'art.63 cpp si è levata con forza da parte di molte Camere Penali e da parte dell’Unione che nei convegni, da ultimo quello tenutosi a Palmi, ed in diverse trasmissioni radiofoniche ha stigmatizzato la gravità della violazione dei diritti dell’indagato.

Non si vuole e non si può naturalmente entrare nel merito della fondatezza di una accusa, di cui non si conoscono gli elementi ma solo le informazioni riportare dai quotidiani; si deve invece sottolineare ancora una volta come le garanzie processuali poste a presidio dell'indagato siano state calpestate, secondo una logica che sembra corretto qualificare come quella del fine che giustifica i mezzi, individuandosi il primo nella repressione di un delitto terrificante ed i secondi nelle spicce modalità di superamento degli archetipi del diritto di difesa.
Nella vicenda che vede coinvolta la mamma del piccolo Lorys tuttavia il reiterato ripudio delle garanzie difensive torna prepotentemente sulla scena, attraverso i consueti schemi di indagine che si sviluppano attraverso l’audizione del sospettato senza la doverosa presenza del difensore.
Dal giorno in cui veniva rinvenuto il cadavere del piccolo Lorys, era il 29 novembre, la madre è stata convocata dagli investigatori con sempre maggiore sollecitudine, in quanto si riteneva che il suo racconto contenesse troppe incongruenze, motivo per cui gli interrogatori subiti dalla donna si sono andati intensificando, di pari passo con il convincimento degli inquirenti che fosse proprio lei responsabile dell’omicidio.
E’ corretta procedura che quando una ‘persona non sottoposta alle indagini rende davanti all'autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria dichiarazioni dalle quali emergono indizi di reità a suo carico, l'autorità procedente ne interrompe l'esame, avvertendola e la invita a nominare un difensore’. Cosi afferma, tanto ragionevolmente quanto perentoriamente, l’art. 63 del vigente codice di rito. Con la altrettanto ragionevole conseguenza sanzionatoria (nella luce delle garanzie previste dalla nostra Costituzione e dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo) che ‘se la persona indagata doveva essere sentita sin dall'inizio di persona sottoposta alle indagini, le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate’.
Non può non rilevarsi l’assurdo spettacolo processuale al quale abbiamo assistito nel quale un soggetto evidentemente del tutto estraneo alla vicenda omicidiaria (il “cacciatore”) era stato iscritto a tamburo battente nel registro degli indagati (trattandosi, come si dice, di un “atto dovuto”), mentre l’iscrizione del “vero” indagato veniva strumentalmente rinviata per ovvie ragioni strategiche in violazione di quelle norme di garanzia.
Non vi è, infatti, chi non comprenda che nel caso di Ragusa quegli incessanti ed interminabili interrogatori fossero mirati ad ottenere una confessione da parte della donna, che invero ancora oggi si proclama innocente, in spregio alle tutele delle quali ogni persona ha diritto. Ed appare d’altronde singolare che un noto magistrato, nell’ambito di un altrettanto noto salotto televisivo, abbia affermato come si tratti di una pratica ricorrente ed attestata nelle Procure, ovviamente volta proprio ad escludere l’avvocato dal delicato atto giudiziario.
Se però si accetta questo machiavellico principio nel quale l’obiettivo della rapida confessione vince sui presidi previsti dal nostro codice, si sancisce per questa via la fine dei principi laici e liberali del processo penale e della stessa democrazia per volgere inesorabilmente verso gli approdi di uno Stato etico e totalitario e di un processo iniquo ed inquisitorio.
Nel passato abbiamo già visto più volte applicare questo metodo e conosciamo gli irreversibili danni che si producono non solo alla persona, ma anche al processo quale strumento leale e trasparente di accertamento delle responsabilità personali, e per tale ragione abbiamo il dovere di reclamare incessantemente, così come abbiamo fatto in passato, il rispetto di questi indeclinabili ed inviolabili diritti e garanzie.

La Giunta

Roma, 16 dicembre 2014