NOTIZIE DALL'U.C.P.I.

In questa sezioni verranno pubblicati gli interventi dell'U.C.P.I.  più significativi e concernenti problematiche di stretta attualità.

Ad Armando Veneto l’abbraccio di tutti i penalisti italiani

Pubblicato il 03/03/2024 da avv. Matteo Bruccoleri

La Camera Penale di Bolzano si unisce all'abbraccio dell'avvocatura italiana tutta all'Avvocato Armando Veneto, assolto con formula piena dalle accuse che gli erano state mosse.

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osservatorio carcere- prodotti realizzati nelle mura carcerarie

Pubblicato il 27/04/2016 da avv. Stefano Zucchiatti

 Tra gli obiettivi dell' Osservatorio Carcere, vi è quello di avvicinare l'opinione pubblica alle problematiche relative alla detenzione, per una grande sfida culturale di modifica del concetto di esecuzione della pena. Favorire la conoscenza del lavoro che si svolge in carcere e sostenere la diffusione e la vendita dei prodotti realizzati dentro le mura, potrà costituire per l’Unione delle Camere Penali un ulteriore contributo alla difficile e impopolare battaglia per il riconoscimento dei diritti dei detenuti. Vi informiamo, pertanto, della possibilità di prendere contatti con le cooperative sociali e le imprese che lavorano negli istituti di pena che ricadono nel Vostro territorio, per concordare eventuali forme di collaborazione, che potranno consistere nella presentazione dei prodotti in occasione di manifestazioni e/o convegni, nella promozione degli articoli ed altro. A tal fine, qualora fosTe interessati, alleghiamo una lista – divisa per regioni - di prodotti, con alcune utili informazioni. L’elenco è parziale. Ulteriori notizie e approfondimenti, anche con foto degli articoli, è disponibile sul sito del Ministero della Giustizia https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_21.wp . Vi ringraziamo per l’attenzione.

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I° Open Day UCPI - Rimini 12 - 13 giugno 2015

Pubblicato il 07/05/2015 da Avv. Angelo Polo

A tutti gli iscritti!

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Giustizia e informazione.

Pubblicato il 27/04/2015 da UCPI

27/04/2015

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La CEDU condanna ancora lItalia

Pubblicato il 07/04/2015 da Avv. Angelo Polo

L'Unione Camere Penali Italiane con il proprio Osservatorio Carcere, dinanzi all'ennesima condanna dell'Italia da parte della Corte Europea per i diritti dell'uomo di Strasburgo, per non avere ancora inserito nel proprio ordinamento il reato di tortura, invita il Parlamento ad intervenire con la massima urgenza. Non è tollerabile in un Paese civile che una riforma che coinvolge la libertà, la dignità e l'incolumità dell'individuo possa essere in discussione da due anni.

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Lettera del Presidente U.C.P.I. dopo l'incontro con il Santo Padre

Pubblicato il 01/04/2015 da avv. Alessandro Tonon

Pubblichiamo la comunicazione del Presidente dell'U.C.P.I. avv. Beniamino Migliucci dopo l'incontro con il Santo Padre. clicca qui

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abbonamento al quotidiano Il Garantista

Pubblicato il 27/03/2015 da avv. Alessandro Tonon

Segnaliamo l'opportunità di abbonarsi al quotidiano "Il Garantista" a condizioni estremamente favorevoli. Per ulteriori informazioni clicca qui

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Stato d'agitazione penalisti italiani

Pubblicato il 12/03/2015 da Avv. Angelo Polo

Delibera dell'Unione delle Camere Penali Italiane del 12.03.2015.

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una cosa è certa: i magistrati travisano manifestamente i fatti e la legge quando si parla della loro responsabilità

Pubblicato il 26/02/2015 da avv. Alessandro Tonon

La categoria interessata dalla recente approvazione della riforma della disciplina del risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e della responsabilità civile dei magistrati sta mettendo in essere una sistematica ed imponente opera di disinformazione per far credere all’opinione pubblica che i magistrati potranno essere chiamati direttamente a rispondere di tasca propria per gli eventuali errori compiuti nell’esercizio delle loro funzioni. Si cerca, inoltre, di propagandare l’incostituzionalità della nuova disciplina nella parte in cui indica quale fonte di responsabilità il travisamento del fatto e della prova. Va chiarito immediatamente che l’ampliamento della sfera della responsabilità civile ha riguardato solo lo Stato, mentre quella del magistrato è rimasta immutata: l’azione diretta continua ad essere consentita solo nei confronti dello Stato e perché possa essere esperita l’azione di rivalsa, non solo il magistrato deve avere violato manifestamente la legge o travisato altrettanto macroscopicamente i fatti o le prove, ma deve averlo fatto per un tale profilo di negligenza da essere considerata “inescusabile” (o con dolo, cioè volontariamente e con la consapevolezza di violare la legge) e ciò esattamente negli stessi termini in cui era previsto dalla legge Vassalli. Nella eventualità in cui ciò dovesse accadere, il limite della rivalsa – a prescindere dall’ammontare del danno cagionato (anche si trattasse di svariati milioni di euro) e dal numero dei danneggiati (anche fossero centinaia di persone) – sarà pari complessivamente alla metà dello stipendio netto del giudice autore del provvedimento (considerando lo stipendio medio di un magistrato, il limite della rivalsa si aggirerebbe intorno alla somma di 25.000 euro), e tale importo potrà essere agevolmente coperto da una polizza assicurativa di circa 200 euro all’anno. E’ poi assolutamente conforme ai principi costituzionali la norma che fa sorgere la responsabilità civile dello Stato ove il giudice emetta un provvedimento a seguito del travisamento del fatto o della prova – poiché come osservato dall’Unione delle Camere Penali Italiane in sede di audizione davanti alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati (osservazioni condivise dalla Commissione e riprese espressamente in sede di relazione davanti all’Assemblea parlamentare) – l’unico “travisamento” rilevante, in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata, è quello “macroscopico, evidente che non richiede alcun approfondimento di carattere interpretativo o valutativo”. Se il “travisamento” si traduce esclusivamente in un “evidente stravolgimento del dato fattuale” è agevole dimostrare che ci si trova davanti ad ipotesi patologiche che nulla hanno a che fare con la normale interpretazione o valutazione della prova che, diversamente da quanto denunciato dalla magistratura in questi giorni, resta anche per la nuova legge del tutto insindacabile. La pretesa di porre un tale “travisamento macroscopico” al di fuori di ogni profilo di responsabilità è la pretesa di mantenere i magistrati “legibus soluti”, secondo canoni e principi ottocenteschi tipici di stati autoritari, il tutto in danno del cittadino vittima.

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L'ultimo pakistano - a difesa dell'avv. Canestrini

Pubblicato il 23/02/2015

L’onorevole Salvini si meraviglia del fatto che un cittadino pakistano, destinatario di un provvedimento di espulsione, abbia “trovato un avvocato disposto ad assisterlo”, proponendo ricorso presso il competente Tribunale amministrativo. E se ne meraviglia perché l’espulsione sarebbe dovuta al fatto che costui avrebbe utilizzato la bandiera dell’ISIS sul suo profilo face-book ed inneggiato a posizioni estremistiche e per tale ragione non avrebbe avuto diritto alla difesa. Noi francamente ignoriamo quale sia il criterio che ispira tale opinione e quale sia la selezione di reati, di fatti illeciti o contrari all’ordine pubblico, per quali il diritto di difesa dovrebbe essere escluso. Ma ciò che davvero ci preoccupa è che, a fronte dell’ovvio principio che anche gli ultimi accusati dell’ultimo più spregevole delitto debbano godere, in un paese civile e democratico, del medesimo diritto di libertà, si sia invece sollevata una ridda di “mi piace” ed una congerie di espressioni adesive che si è presto mutata in una grave orma di intimidazione e di linciaggio morale dell’avvocato Canestrini, Presidente della Camera Penale di Trento. Il che dimostra che l’improvvida e rozza uscita del deputato europeo trova purtroppo spazio in un sentimento collettivo, lasciato sedimentare con troppa noncuranza da tutti coloro che avrebbero avuto il dovere di tenere invece alta la tutela dei diritti civili e delle libertà. Un sentimento che irragionevolmente confonde l’avvocato con il suo assistito, la funzione difensiva con la difesa del delitto, sovrapponendo in maniera strumentale due concetti che devono essere tenuti sempre distinti e dimenticando del tutto che l’art. 24 della nostra Carta costituzionale sancisce la inviolabilità del diritto di difesa e che ogni avvocato ha il dovere di esercitare in maniera indipendente e libera da condizionamenti, senza che nessuno possa sindacare l’esercizio di un’attività difensiva solo perché svolta in favore di chi è accusato di fatti umanamente riprovevoli, spregevoli o socialmente pericolosi (come la pedofilia, l’appartenenza mafiosa o il terrorismo). E, tuttavia, non possiamo qui non ricordare che l’idea che vi siano reati di serie A e di serie B, che i diritti di difesa e di altre libertà civili possano essere concessi condizionalmente, eventualmente sottratti o dimezzati in relazione all’accusa ed al caso concreto, non costituisce altro che il fondamento di quell’ideologia malsana e corruttrice che sta alla base del “doppio binario”. Il che ci impone di ritenere che l’onorevole Salvini e la sua rumorosa e irresponsabile claque, non siano affatto gli autori di questa assai discutibile messa in scena, ma semplici comparse che si muovono su di un canovaccio purtroppo scritto da altri assai più responsabili autori, che non comprendono il danno che una simile cultura illiberale ed autoritaria arreca alla democrazia di un paese. Lo sa invece l’avvocato Canestrini che nel difendere i diritti dell’ultimo pakistano, difende i diritti e le libertà di tutti noi, anche quelle dell’onorevole Salvini.

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Approvato lo schema del disegno legislativo in tema di difesa d'ufficio

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Il 30 ottobre u.s. il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di Decreto Legislativo sulla Difesa d’Ufficio che recepisce interamente le proposte dell’UCPI che si è sempre battuta con forza per la modernizzazione di questo fondamentale istituto, nella consapevolezza che si trattava di una battaglia da compiersi in nome della effettività della difesa e nell’interesse di tutti i cittadini. Ci siamo battuti in particolare per riformare l’articolo 29, Disp. Att., c.p.p., introducendo, per ciò che concerne i requisiti di accesso all’elenco, idonee garanzie di competenza in ambito penale. Abbiamo con forza sostenuto la centralità della specializzazione, la imprescindibile necessità che i corsi di formazione fossero organizzati dalle Camere Penali territoriali e che fossero previste serie verifiche finalizzate ad accertare la specifica competenza di coloro che intendono prestare la propria attività professionale in qualità di difensori d’ufficio. E’ stata infatti introdotta, quale ulteriore criterio di accesso all’elenco dei difensori di ufficio, la frequenza di corsi biennali della durata complessiva di almeno 90 ore, organizzati dal Consiglio dell’Ordine o dalla Camera Penale territoriale, ovvero dall’Unione delle Camere Penali, con superamento di un esame finale. Abbiamo inoltre ottenuto l’innovativa introduzione della verifica dell’esercizio continuativo dell’attività nel settore penale, quale requisito per il “mantenimento” nell’elenco dei difensori d’ufficio. E’ stata in particolare recepita la nostra proposta di modifica del comma 4, dell’articolo 97, c.p.p. - altro tema delicatissimo per il quale ci battiamo da anni - al fine di porre un freno al ricorso sistematico alle c.d. sostituzioni “facili” o “volanti” che, pur comprimendo irrimediabilmente il diritto di difesa, sono sempre state disinvoltamente utilizzate da quella parte della magistratura che sembra preoccuparsi piuttosto dei tempi che della qualità del processo. Tutto ciò, resistendo a durissimi attacchi ed a proposte (quale l’istituzione di un Ufficio Pubblico del difensore incardinato nell’amministrazione della giustizia) a dir poco eversive rispetto alla nostra idea di un difensore d’ufficio indipendente, forte, preparato, libero e consapevole del proprio ruolo. Come ribadito nel corso del recente incontro con il Ministro Orlando, con il quale il tema della necessaria riforma della difesa d’ufficio era stato valutato e condiviso, continueremo a sorvegliare l’attività legislativa nei suoi successivi passaggi parlamentari, affinché l’impegno profuso da tutti i colleghi in questa battaglia non venga in alcun modo tradita, con la consapevolezza che l’attuazione di questa riforma sarà per l’UCPI e per l’intera avvocatura penale un importante riconoscimento ed una grande vittoria.

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Affinché i processi non diventino Eterni(T)

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Se non vi è dubbio che il numero delle prescrizioni deve essere abbattuto è anche vero che i processi non possono essere eterni: in un paese come il nostro, di modeste risorse e di scarsa vocazione all’efficienza, una volta caduto il dispositivo prescrizionale, i processi languirebbero negli armadi e nessun meccanismo risarcitorio, di quelli allo studio del Parlamento, potrebbe mai restituirgli dignità.[http://www.camerepenali.it/public/file/Comunicati/Comunicati%20Giunta%20Migliucci/C%2027%20-%20AFFINCHE’%20I%20PROCESSI%20NON%20SIANO%20ETERNI(T).pdf]

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LA MODIFICA DELLA PRESCRIZIONE - INTERVENTO PRESIDENTE MIGLIUCCI

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intervista in tema di prescrizione al Presidente U.C.P.I., avv. Beniamino Migliucci.

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la prescrizione è colpa delle toghe troppo pigre

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Nel 70 per cento dei casi arriva durante la fase delle indagini preliminari. Sono i magistrati a decidere quali inchieste seguire e quali far decadere.

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Mafia Capitale ed il populismo penale

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Nell’ambito della travolgente rappresentazione di un vero e proprio populismo penale, tutti i cittadini hanno potuto vedere l’esecuzione delle misure cautelari con indagati in vincoli ed ascoltare un’accurata selezione di materiale audio messo a disposizione dalla Procura della Repubblica in una conferenza stampa di grande impatto mediatico.

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PUBBLICITA' REGRESSO

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Abbiamo più volte denunciato quella deriva mediatica che le questioni penali sembrano avere oramai irreversibilmente preso. Processi celebrati in TV con relative condanne proferite in diretta (o in direttissima), conferenze stampa multi-mediali delle Procure, corredate dalla pubblicizzazione immediata (o con rito immediato) dei materiali d’indagine di maggior impatto (dall’arresto dell’indagato alla captazione telefonica). Oramai lo strumento mediatico si è sostituito interamente alla realtà del processo, divenuta paradossalmente il solo “riflesso” della sua stessa precedente rappresentazione. E, tuttavia, ancora non ci era capitato di assistere ad una occupazione dello spazio mediatico così diretta e “provvidenziale” da parte della magistratura associata, una occupazione clamorosa operata tramite l’acquisto di intere pagine di quotidiano al fine di pubblicizzare il “potere dello Stato” cui la stessa appartiene, la sua presunta efficienza, la inutilità di tutte le riforme pensate da altri che non siano appartenenti a quello stesso ordine. Un exploit tanto straordinario da far ipotizzare ai comitati di difesa dei consumatori una denuncia, non sappiamo quanto provocatoria, per “pubblicità ingannevole”! Ma qui non si tratterebbe in verità di accertare in che misura risulti erronea la collocazione della magistratura penale italiana al primo o al secondo posto in Europa per efficienza e produttività, ma di ragionare sulla opportunità istituzionale di simili forme aggressive di pubblicità, poste in essere da un’associazione che (come è ovvio) riunisce magistratura requirente e magistratura giudicante, e che rivendica cumulandolo su di se l’intero merito della presunta efficienza dei processi e della conseguente difesa della legalità. Un potere dello Stato che scende in campo con una sorta di “pubblicità progresso”, lodando se stesso, promuovendo l’immagine portentosa ed eroica di attività giudiziarie e giurisdizionali che sono viceversa ovvie e doverose, e che dovrebbero essere “pubblicizzate” ogni giorno, ma “di fatto”, nella produzione silenziosa e costante di una immagine della giustizia giusta ed equilibrata, magari separata, ma non litigiosa, che non ha bisogno di promuovere le proprie indagini e i propri “arresti”, e che persegue il suo compito nell’alveo delle prerogative ordinamentali e costituzionali, senza bisogno di manifestazioni ed esibizioni ulteriori. Non si mette in discussione, come è ovvio, il diritto di manifestazione del pensiero e di sostegno all’una o all’altra iniziativa legislativa in materia di giustizia, che sono proprie di un’associazione modernamente intesa, ma si rileva come simili “pubblicità progresso” spettino solo a coloro che ci governano, che hanno una responsabilità politica, nel bene e nel male coltivata con il consenso, un consenso di cui la magistratura non ha costituzionalmente bisogno e della quale non deve mai avere bisogno, se non regredendo ad un livello di populismo demagogico che a noi davvero non piace e che soprattutto non piace alla nostra democrazia.

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UN PO' DI CARCERE

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Oramai il “populismo penale”, da pratica degenerativa promossa dai media ed utilizzata dalla magistratura, è divenuta un “abito mentale”, uno di quei luoghi comuni alla cui invadenza nessuno più sembra capace di sottrarsi, né gli utilizzati, né gli utilizzatori. Quando pochi giorni fa, si è diffusa la notizia della approvazione del testo di legge sulla custodia cautelare molte fonti hanno parlato di legge sul “carcere preventivo”. Come avrebbe detto Freud, si deve essere trattato di un lapsus, di un “atto mancato”, di uno di quegli incidenti verbali che scavalcando il controllo dell’io lasciano tracimare il punto di vista dell’inconscio (dell’inconscio inquisitorio, in questo caso), ma certo quella riforma di cui parlavano le Agenzie di stampa, del “carcere preventivo”, fa subito pensare che le parole usate rappresentino direttamente quel che generalmente si pensa della “custodia cautelare”: una pena giustamente e preventivamente inflitta! E a quella stessa pena inflitta “senza processo” deve pensare il primo ministro Renzi quando pensa ad innalzare il minimi del reato di corruzione perché così il colpevole almeno “un po’ di carcere” se lo fa. Questa strana mistura di furbizia comunicativa, di ignoranza tecnica e di sostanziale mancanza di valori, finisce con il minare le basi della corretta visione del processo e della pena. Ne nasce un’idea bizzarra del carcere come “medicina” o peggio come semplice “farmaco da banco”: non serve la ricetta del medico … prendine “un po’” che ti fa comunque bene … Ma questo uso distorto del limite edittale delle pene, del tutto disancorato dalla oggettiva gravità del reato e collegato, come fosse un titolo di borsa, al gradimento del pubblico, o peggio ancora, come nel caso di Renzi e della corruzione, esclusivamente funzionale alla produzione ad ogni costo di “un po’ di pena”, appare evidentemente contrario ai fondamentali principi che governano il diritto. E se il giudice ritenesse, invece, che in quel singolo caso si potesse patteggiare, e non si dovesse affatto ricorrere alla esecuzione di una pena? Perché quel “po’ di carcere”? Per accontentare le richieste della magistratura associata e acquietare l’opinione pubblica, togliendo con ciò stesso autonomia alla giurisdizione? Per incrementare il perverso sistema delle “porte girevoli”, che si cerca in ogni modo di eliminare? Per scongiurare il rischio della prescrizione, che si riduce proprio ricorrendo con maggiore ampiezza al patteggiamento? Perché in questo paese - come si dice - nessuno va più in galera, sebbene l’Europa ci abbia condannato per il sovraffollamento delle nostre carceri? Che qualcuno risponda.

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SULLA CORRUZIONE UNO SPOT PIENO DI ERRORI E BUGIE

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ALLEGHIAMO INTERVISTA AL PRESIDENTE DELL'U.C.P.I., AVV. BENIAMINO MIGLIUCCI PUBBLICATA SUL GARANTISTA [http://www.camerepenali.it/news/6038/Sulla-corruzione-uno-spot-pieno-di-errori-e-bugie.html]

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l'atto mancato e l'atto dovuto

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Anche in questa occasione, la denuncia delle prassi processuali degenerative e della violazione dell'art.63 cpp si è levata con forza da parte di molte Camere Penali e da parte dell’Unione che nei convegni, da ultimo quello tenutosi a Palmi, ed in diverse trasmissioni radiofoniche ha stigmatizzato la gravità della violazione dei diritti dell’indagato.

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innaugurazione anno giudiziario U.C.P.I.

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Per opportuna conoscenza si trasmette il programma dell'innaugurazione dell'anno giudiziario dell'U.C.P.I.

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difesa d'ufficio, una "battaglia" culturale

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*UNA “BATTAGLIA” CULTURALE!*

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