difesa d'ufficio, una "battaglia" culturale
Pubblicato il
UNA “BATTAGLIA” CULTURALE!
Il riordino dell’istituto della difesa d’ufficio, come previsto dall’articolo 16 della L. 247/2012, è ormai realtà. L’Osservatorio sulla Difesa d’Ufficio dell’Unione delle Camere Penali che, insieme al Consiglio Nazionale Forense, ha delineato i nuovi criteri di accesso all’elenco dei difensori di ufficio, intende qui ribadire le ragioni sottese alla riforma.
L’Unione ha da sempre sostenuto che la Legge n. 60 del 2001, nonostante il dichiarato obiettivo di improntare la difesa d’ufficio a criteri che ne garantissero la effettività, nella realtà ha finito per “legittimare l’incompetenza”, non prevedendo idonee garanzie di efficienza del difensore d’ufficio, in punto di idoneità ad esercitare il mandato nel settore penale.
Da qui, l’introduzione di requisiti di iscrizione nell’elenco dei difensori di ufficio più stringenti, con l’unica finalità di garantire in concreto la effettività della difesa tecnica che, da alcuni decenni, l’Unione delle Camere Penali Italiane cerca con forza di imporre e che rappresenta oggi il “cuore” di questa riforma.
Ci preme, tuttavia, sottolineare che questo obiettivo ed il grande risultato che abbiamo raggiunto sarebbe reso sterile ed improduttivo dalla mancata comprensione della reale ed unica funzione della difesa d’ufficio.
E’ necessario chiarire che la capacità di tutelare in modo concreto i diritti dei cittadini, passa soprattutto attraverso la piena consapevolezza del delicato ruolo svolto dal difensore d’ufficio, così come passa attraverso la piena responsabilizzazione della classe forense e la formazione di un difensore d’ufficio tecnicamente preparato, forte ed indipendente.
La difesa d’ufficio ha da sempre creato, in una parte dell’Avvocatura, molte aspettative: il miraggio di un terreno fertile di compensi, cui accedere peraltro facilmente e senza troppi scrupoli. Si è totalmente perduto il senso del ruolo che si assume con la iscrizione alla lista dei difensori d’ufficio che, è il caso di sottolineare, era e rimane del tutto volontaria.
Sul punto occorre quindi far chiarezza.
Non si possono certo negare le difficoltà che si sono abbattute soprattutto sui giovani avvocati - che potranno comunque oggi iscriversi nell’elenco attraverso il fondamentale veicolo della “specializzazione” ovvero attraverso i corsi specifici previsti dal nuovo articolo 29 delle norme di attuazione e previo superamento di un esame.
Ciò nonostante, è bene che comprendiamo, noi per primi, che la difesa d’ufficio – come più volte ribadito dall’Unione delle Camere Penali - “è uno strumento di straordinaria importanza non certo per il professionista che la esercita ma per i cittadini che ne usufruiscono” e che in questo unico contesto si inserisce anche la questione “compensi”.
E’ bene che questo venga compreso da tutti ed in primo luogo da quella parte della classe forense che da anni ha strumentalmente spostato il campo di battaglia sul terreno del caotico groviglio delle rivendicazioni corporative.
E’ necessario far comprendere a tutti, anche alla opinione pubblica - spesso prevenuta e portata fuori strada dalla ormai noiosa leggenda che lega i mali del sistema giustizia agli eccessi di garantismo - che le rivendicazioni tutte, ivi comprese quelle relative alle liquidazioni degli onorari per l’attività professionale svolta in qualità di difensore d’ufficio, non riguardano gli avvocati in quanto categoria ma il cittadino, in quanto unico soggetto da tutelare.
Ma ci dobbiamo credere noi per primi.
Sul punto, in tema di “funzione” e di “ruolo” del difensore, estremamente indicativo il pensiero dell’Avvocato Oreste Flamminii Minuto, storico Presidente della Camera Penale di Roma, che scriveva “…l’Avvocato è qualcosa di più di un contraente di un rapporto mercantile. L’Avvocato rappresenta quello che la società concede a chi è accusato, come fosse l’ultimo tramite della sopravvivenza sociale. E’ il garante della lealtà dello Stato…” .
Il recupero di questa concezione della funzione difensiva e del ruolo del difensore rappresenta la difficile “battaglia” culturale che le Camere Penali dovranno affrontare. Del resto, si parlava in questi termini anche nel dibattito parlamentare che condusse alla riforma del 2001: ”il giusto processo, il processo accusatorio è una grande vittoria, però sia i giudici, sia gli avvocati devono cambiare la loro cultura e adeguarla alle nuove conquiste”.
Ed è una rivoluzione culturale che deve necessariamente investire anche la magistratura - non solo l’Avvocatura - perché il diritto ad una difesa d’ufficio piena ed effettiva va garantito da tutti e sempre, tanto nella forma quanto nella sostanza. Ed invece, troppo spesso emerge una visione distorta del difensore d’ufficio, quasi fosse un “manichino con la toga”, convitato di pietra la cui presenza serve solo alla “forma” e ad ottenere quella rapidità tanto cara a chi si preoccupa solo della tempistica processuale, lasciando da parte il diritto di difesa ed i più elementari canoni di civiltà giuridica.
Deve essere questo un approdo ineludibile affinché l’effettività della difesa non sia relegata a mera dichiarazione di principio e la difesa d’ufficio non sia più sinonimo di “sconfitta”.
Roma, 30 gennaio 2015